Viaggi nell’Italia perduta, Edizioni dell’asino, 2018
De Cilia scrive così nella prefazione a questo lavoro di cui è stato curatore: «Quale fosse l’origine dell’irrequietezza che ne ha fatto un viaggiatore inesausto e curioso, simile a “un battello ubriaco di mari e di golfi”, è Comisso stesso a spiegarla, a modo suo: “Dalla mia nascita ò avuto la condizione di errare nella mia sete di cibo dalle mammelle sterili di mia madre a quelle della prima balia che si erano pure isterilite perché nuovamente ingravidata dal suo amante, e poi a quelle della seconda balia che doveva dimezzare il latte con il figlio. Questo mio errare è stato lo schema prestabilito del continuo mio muovermi per tutta la vita da un paese all’altro pure avendo invece il desiderio di stare fermo in incanto e contemplazione.”»
La recente antologia di racconti di Comisso, giunta in anticipo sull’annuncio della casa editrice La Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi che ripubblicherà l’intera opera, testimonia la passione del grande autore veneto per il viaggio in un paese in mutamento durante il Ventennio fascista e nel secondo dopoguerra.
Le prose brevi dai suoi libri dagli anni Venti agli anni Cinquanta raccolte in questo libro sono dedicate a luoghi diversi: dalla Toscana alla terre siciliane, fino alla Sardegna e a Napoli; non mancano tuttavia le isole della Laguna, Chioggia e Treviso stessa, città in cui Comisso aveva scelto di restare.
L’Italia da lui narrata è quella di un Novecento perduto, in cui riconoscere quel senso affettivo del viaggio che caratterizzava anche Mario Soldati, e che arrivava ben prima dei reportage di Pasolini e di altri autori. La scrittura “pittorica e sensoriale” di Comisso restituisce infatti, grazie a De Cilia, lo sguardo emotivo e umano dello scrittore.